Carne rossa: tutto quello che c’è da sapere su valori nutrizionali, raccomandazioni e impatto su salute e ambiente.

08 agosto
2025
Tempo di lettura
10 min
#alimenti #nutrizione

La carne rossa è una fonte preziosa di proteine e micronutrienti, ma da tempo è al centro del dibattito scientifico e pubblico. Se consumata con moderazione può rientrare in una dieta sana, ma un’assunzione eccessiva, soprattutto di quella lavorata, è associata a rischi per la salute individuale e del pianeta.


La carne rossa è da sempre al centro di dibattiti accesi che coinvolgono nutrizionisti, medici, ambientalisti e consumatori. Da un lato rappresenta una fonte importante di proteine e micronutrienti, dall’altro, il suo consumo eccessivo è stato associato a rischi per la salute. Le raccomandazioni delle principali organizzazioni scientifiche invitano alla moderazione, mentre cresce l’attenzione anche verso l’impatto ambientale della sua produzione.

In questo articolo faremo chiarezza su cosa si intende per carne rossa, analizzeremo il suo profilo nutrizionale, vedremo cosa suggeriscono le evidenze scientifiche, quali sono le porzioni consigliate e come cucinarla in modo sicuro, senza trascurare le conseguenze ambientali delle nostre scelte alimentari.

Quali sono le carni rosse?

Con la denominazione “carni rosse” ci si riferisce alle carni di: manzo, vitello, maiale, cavallo, capra, pecora e agnello. Sebbene gastronomicamente le carni di vitello e maiale vengano spesso considerate carni bianche, poiché alcuni tagli risultano molto chiari anche dopo la cottura, è bene ricordare che solo quelle di pollo, tacchino e coniglio fanno parte delle carni bianche.

Infatti, anche a livello epidemiologico, negli studi e nei documenti ufficiali delle organizzazioni internazionali, si fa riferimento alle carni di vitello e maiale come carni rosse, insieme a manzo, cavallo, capra, pecora e agnello. 

La classificazione in carni rosse e carni bianche dipende essenzialmente dalla presenza di due molecole responsabili della colorazione: emoglobina e mioglobina. La carne rossa contiene maggiori quantità di queste molecole. Esse racchiudono un atomo di ferro all’interno dei rispettivi gruppi “eme” (che sono 4 nell’emoglobina e 1 nella mioglobina), che hanno il compito di catturare l’ossigeno necessario per la produzione di energia.

Cos’è la carne lavorata?

Nella categoria della carne rossa lavorata rientrano salumi e insaccati, ma anche prodotti trasformati ottenuti con altri metodi di lavorazione, ad esempio la carne in scatola. Chiariamo la differenza tra salumi e insaccati.

  • Se derivano da un pezzo anatomico unico dell’animale, sono classificati come salumi e possono essere crudi (prosciutto crudo, pancetta), cotti (prosciutto cotto) o affumicati (bacon, speck).
  • Gli insaccati si differenziano per lo stato della materia prima di partenza, ossia derivano dalla macinazione di determinati tagli di carne, alcuni esempi sono: salsicce, salami, mortadella e wurstel.

Quando si parla di salumi ed insaccati ci si riferisce in genere ai prodotti che derivano dal maiale. Tuttavia, nella definizione di carni lavorate rientrano anche i prodotti ottenuti da altre specie animali, come nel caso della bresaola, che si ottiene dalla carne di manzo.

Carne rossa: valori nutrizionali

Dal punto di vista nutrizionale, carni rosse e lavorate appartengono a due diverse categorie. Nella prima rientrano quelle fresche mentre salumi, insaccati o altri trasformati appartengono alla seconda.

Per quanto riguarda la carne rossa fresca la sua composizione chimica varia in funzione della specie e del tipo taglio.

In generale, la carne rossa è, al pari della carne bianca, una buona fonte di proteine ad alto valore biologico, vale a dire che sono presenti tutti gli aminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni.

Il contenuto di grassi, la cui composizione è prevalentemente satura, varia molto in base a specie e taglio. Inoltre, come intuibile, tanto maggiore è la componente lipidica, tanto maggiore sarà il valore calorico dell’alimento. Una porzione di manzo apporta, infatti, circa la metà delle calorie rispetto ad una di agnello, carne più grassa. Tuttavia, anche diversi tagli della stessa specie contribuiscono diversamente alla quota di grassi e quindi di calorie.

Che sia di manzo, di maiale o agnello la carne è fonte di ferro, per il 40% nella forma maggiormente biodisponibile (eme) per l’organismo. Anche nella carne, come nei vegetali, è presente il ferro cosiddetto non-eme, per ben il 60%. Questa forma ha un assorbimento ridotto rispetto al ferro eme. Per aumentare la biodisponibilità, sia del ferro non eme che di quello eme, è sufficiente condire con succo di limone, arancia o peperoncino fresco, o comunque consumare nello stesso pasto fonti di vitamina C.

Tra i minerali, potassio, sodio, fosforo, zinco e selenio sono ben rappresentati. Mentre tra le vitamine, abbondano quelle del gruppo B. Una porzione, di alcuni tagli, può coprire quasi tutto il fabbisogno di vitamina B12, circa la metà di B6 e un terzo di niacina.

Le carni rosse lavorate sono una fonte di proteine e presentano tutti gli aminoacidi essenziali. I carboidrati sono assenti, come nella materia prima di partenza. Se presenti, sono contenuti in tracce nelle carni fermentate, poiché aggiunti per favorire il lavoro dei microrganismi. Contengono un’elevata quantità di grassi e la loro composizione vede, nella maggior parte dei prodotti, la prevalenza di saturi rispetto agli insaturi. Generalmente gli insaccati sono più ricchi di grassi, poiché ulteriormente aggiunti nella lavorazione.

Come nella carne fresca, tra i minerali sono presenti il ferro, il selenio e lo zinco. Tra le vitamine, sono principalmente fonte di quelle del gruppo B.

Le carni rosse lavorate, tuttavia, si caratterizzano per l’elevata quantità di sodio che può superare addirittura i 2 grammi ogni 100 g di prodotto. Per convertire il contenuto di sodio nell’equivalente sale (cloruro di sodio), è necessario moltiplicare per 2,5. In questo caso, 2 grammi di sodio equivalgono a 5 grammi di sale (pari al limite giornaliero che non si dovrebbe superare secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità). Tale quantità è dovuta al sale aggiunto durante l’operazione di salatura, che garantisce una maggiore conservabilità e sapidità del prodotto finito.

Carne rossa e salute

Per quanto ancora possano esistere frammenti di dibattito, è noto, alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, che il consumo di carni rosse, ed in particolare di quelle lavorate, debba essere ridotto in ottica di prevenzione e mantenimento di un buono stato di salute.

Numerose ricerche scientifiche suggeriscono che un consumo eccessivo di carne rossa, in particolare di quella lavorata, si associ ad un aumento del rischio di alcune malattie croniche come tumori, malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.

Le evidenze più solide riguardano il tumore del colon-retto: l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che fa parte dell’OMS, ha classificato, nel 2015, la carne lavorata come cancerogena e la carne rossa come probabilmente cancerogena, sulla base di studi epidemiologici, e di ricerche condotte su modelli animali e in vitro, che hanno analizzato i possibili meccanismi biologici.

I report del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (WCRF), che esprimono una valutazione del grado di evidenza della relazione esistente tra i consumi alimentari e lo sviluppo di tumori, riportano come solide evidenze che consumare carne rossa fresca e carne lavorata aumenta il rischio di sviluppare un tumore al colon-retto. In particolare si è visto che:

  • L’assunzione di 100 g in più al giorno di carne rossa e processata determinava un aumento del rischio di sviluppare un tumore al colon-retto del 12%.
  • L’assunzione di 50 g in più al giorno di carne processata determinava un aumento del rischio di sviluppare un tumore al colon-retto del 16%.

Tra le probabili cause di questo aumento di rischio, a seguito di un eccessivo consumo di carni rosse e processate, troviamo:

  • La produzione di composti potenzialmente cancerogeni (N-nitrosammine, amine eterocicliche, idrocarburi policiclici aromatici) che si formano, sia durante la lavorazione, sia durante la cottura ad alte temperature (grigliando o cuocendo la carne con il barbecue).
  • Elevati livelli di ferro di tipo eme che possono promuovere la genesi tumorale, stimolando la formazione di N-nitrosammine.
  • Presenza di considerevoli quantitativi di grassi saturi (soprattutto nelle carni lavorate e in alcune tipologie di carni rosse) il cui consumo eccessivo può determinare un aumento di peso, che indirettamente incrementa il rischio di sviluppare almeno 13 tipi di tumori (tra cui quello al colon-retto).

Anche dal punto di vista cardiovascolare, un consumo frequente di carne rossa è stato collegato a un aumento di fattori di rischio intermedi per eventi cardiovascolari. Il sodio presente in abbondanza nelle carni lavorate potrebbe, infatti, avere un effetto dannoso sulla salute endoteliale e contribuire all’aumento della pressione arteriosa. Inoltre, il quantitativo di grassi saturi nella carne rossa, sia fresca sia lavorata, è oggetto di studio come possibile fattore scatenante di processi infiammatori sub-clinici a bassa intensità e potrebbe contribuire all’aumento del colesterolo LDL. Un altro meccanismo cardiotossico ipotizzato, di natura indiretta, è legato alla trasformazione della L-carnitina da parte del microbiota intestinale in trimetilammina (TMA), successivamente metabolizzata nel fegato a ossido di trimetilammina (TMAO). Quest’ultima sostanza è stata indicata come potenzialmente coinvolta nei processi di aterogenesi (che portano alla formazione di placche aterosclerotiche all’interno delle pareti delle arterie), infiammazione vascolare e aumento dell’attività piastrinica.

Carne rossa: raccomandazioni per il consumo

Rispetto al consumo di carne rossa, esiste una raccomandazione specifica del WCRF, una delle 10 per la prevenzione oncologica rivolte alla popolazione generale. Tale raccomandazione recita: limita il consumo di carne rossa ed evita il consumo di carni lavorate.

Un consumo moderato di carne rossa fresca (manzo, vitello, maiale, cavallo, capra, pecora e agnello), all’interno di una dieta sana, non comporta un rischio per la salute e rappresenta, anzi, una buona fonte di nutrienti. Il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro e altre linee guida nazionali ed internazionali, come la Società Europea di Cardiologia, invitano, però, a non superare i 500 g di carne rossa alla settimana, un quantitativo che potrebbe sembrare elevato ma che, in realtà, si raggiunge facilmente con un’alimentazione di tipo “occidentale”.

Diverso, invece, è il suggerimento relativo alle carni lavorate (salumi, insaccati e altre carni trasformate), che andrebbero limitate il più possibile.

Recentemente, nella nuova piramide della dieta mediterranea elaborata dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), si fa riferimento alla raccomandazione di limitare il consumo di alimenti di origine animale, in particolare carne rossa e lavorata. Questi due alimenti sono, infatti, posti all’apice della piramide, e il loro consumo deve essere occasionale.

La SINU stabilisce, cosi come per molti alimenti, una porzione standard anche per la carne rossa fresca e per la carne lavorata.

Con il termine “porzioni standard” ci si riferisce alla quantità indicativa di un alimento che si dovrebbe utilizzare per creare pasti bilanciati. La “porzione standard”, corrisponde, inoltre, a una quantità di alimento coerente con la tradizione alimentare e di dimensioni ragionevoli. Non è una raccomandazione della quantità da consumare, che invece è definita sulla base della frequenza di consumo.

La porzione di consumo indicata per la carne rossa fresca o surgelata è di 100 g, che corrispondono a 1 fettina, oppure 1 svizzera oppure 4-5 pezzi di spezzatino. Mentre per la carne rossa lavorata è di 50 g, che corrispondono a 3-4 fette di prosciutto, oppure 5-6 fette di salame o bresaola oppure 2 fette di mortadella.

Per la carne rossa è consigliabile prediligere metodi di cottura delicati come la stufatura (o cottura in umido), la cottura in pentola a pressione o quella a vapore, senza eccedere con l’aggiunta di grassi.

In caso di cottura alla piastra, è bene ricordare che qualsiasi parte di alimento bruciata va scartata, poiché con la carbonizzazione si possono formare composti potenzialmente dannosi per la salute.

Un metodo di cottura particolarmente problematico per le carni è quello alla brace. La cottura in condizioni di altissima temperatura può produrre carbonizzazioni superficiali dell’alimento, con formazione di sostanze come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e le amine eterocicliche, potenzialmente cancerogene. Sembra che la causa maggiore della loro formazione sia il contatto diretto tra la fiamma e le carni. Il tempo e la temperatura di cottura influiscono sulla produzione di IPA, ma anche la presenza di grasso nel taglio di carne o di quello aggiunto in cottura. Il grasso, infatti, sciogliendosi e colando sul fuoco, viene bruciato sprigionando una dose elevata di queste sostanze. È bene, inoltre, ricordare che le molecole incriminate non si formano soltanto nell’alimento ma si possono depositare anche attraverso il fumo di combustione, come avviene nei prodotti affumicati.

Per tutte queste ragioni è preferibile, quindi, non utilizzare frequentemente la cottura alla brace.

Ma quali accortezze possono essere impiegate per un utilizzo sporadico della cottura alla brace?

  • Per evitare la carbonizzazione, anche minima, è necessario regolare la temperatura di riscaldamento in base allo spessoredell’alimento da cuocere, meglio scegliere pezzature limitate, allontanando la fonte di calore, nel caso della brace, o abbassandone l’intensità.
  • Sarebbe meglio grigliare solo quando dal carbone non si alza fuoco, mantenendo una distanzadi almeno 20 centimetri.

Carne rossa e impatto ambientale

La produzione di carne ha un effetto molto negativo sull’ambiente e la carne rossa è l’alimento che, tra tutti, determina il maggiore impatto ambientale.

Questo è dovuto a diversi fattori, tra cui i due principali sono:

  • la notevole quantità di suolo che viene utilizzata per il pascolo degli animali e per la produzione del foraggio destinato all’alimentazione dei ruminanti (bovini e ovini soprattutto);
  • l’emissione di metano, un gas serra che altera il clima, proveniente dalle deiezioni degli animali.

Inoltre, se gli allevamenti sono di tipo intensivo, il consumo di suolo, energia e acqua può essere notevole. In una dieta sostenibile, pertanto, si dovrebbe ridurre fortemente il consumo di carni rosse, sia fresche sia trasformate.

Carne rossa: conclusioni

In conclusione, la carne rossa può far parte di una dieta equilibrata, ma il suo consumo va contestualizzato e modulato alla luce delle attuali evidenze scientifiche.

È importante distinguere tra carne rossa fresca e carne lavorata, valutandone non solo i valori nutrizionali ma anche gli effetti potenziali sulla salute a lungo termine.

Le linee guida nazionali e internazionali convengono su un principio chiave: riduzione del consumo di quella fresca, con un’attenzione ai metodi di cottura, e consumo solamente occasionale della carne lavorata.

Infine, ridurre il consumo di carne rossa, oltre a essere una scelta utile per la salute, è anche un gesto responsabile verso il pianeta.





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